mercoledì 19 marzo 2008

ANZIANITUDINE

Vi è mai capitato di essere in fila ad un negozio o in un ufficio avendo davanti un individuo che aggiunge sempre qualcosa alla domanda precedente? O di qualcuno che tenta impossibili conversazioni con la cassiera del supermercato mentre la coda preme, insofferente?
Sono scene di ordinaria quotidianità, sulle quali difficilmente ci si sofferma che però è indice della grande solitudine che c’è in giro. Solitudine di persone indaffaratissime che rincorrono la vita prese da mille attività, perché in carriera o semplicemente nella necessità di combinare le incombenze del giorno. Persone che alla sera e nel fine settimana si ritrovano con sé stessi, nella solitudine della propria casa o anche nel rumore silenzioso di qualche locale pubblico. Comunque soli, sempre soli.
Così quella solitudine cui bisognerebbe abituarsi, diviene un tarlo. Un malessere profondo che non sfoga da nessuna parte e, quindi, coglie ogni occasione per liberarsi all’esterno, alla ricerca del contatto umano, in qualsiasi luogo. Poi mano a mano che gli anni avanzano le famiglie, come le relazioni, si assottigliano, ed il lavoro perde quella funzione di contenitore ammortizzante che prima accompagnava molte ore della giornata. Allora si fa largo quella che io chiamo, “anzianitudine”, che è un misto di solitudine e anzianità. Anzianitudine spesso vissuta con disperazione poiché s’accompagna alle limitazioni del corpo, alla perdita dei punti di riferimento personali e familiari e, spesso, alla riduzione della capacità di spesa, che in sé contiene la possibilità di creare, anche se artificialmente, relazioni interpersonali. E’ così che nel tempo l’anzianitudine diviene un modo di essere. Quasi un ripiegamento autistico dentro ad una vita che è stata e che non è più. Forse è necessario trovare un po’ di tempo per fermarsi a riflettere su questa condizione che, magari oggi non ci appartiene, ma può divenire il nostro stesso modo di essere da qui a qualche tempo. Perché l’anzianitudine non si modifica dentro alle case di riposo, con la compagnia di altri che, come te, sono afflitti dalla stessa inquietudine. Né con il trattenere figli o parenti dentro a dinamiche che ne condizionano la vita ed il destino personale. Né rifiutando la vita che contiene, sia la morte che l’abbandono. Però è possibile prendere atto di questo, considerandolo come un fatto che può accadere a ciascuno di noi.
E’ il nostro vivere sociale che deve imparar a tenerne conto. Al di là dei pur meritori centri per gli anziani e delle iniziative ludico-ricreative che i comuni mettono a disposizione per i cittadini meno giovani. Probabilmente vanno create le condizioni affinché persone singole, specie se anziane, che si sono liberamente scelte, possano condividere la loro anzianituduine rendendola meno frustrante. Ad esempio con iniziative degli enti locali, mettendo a disposizione appartamenti che possono essere autogestiti da due o più persone. Oppure abbattendo tasse e gravami fiscali per chi volesse dare alla propria casa di abitazione identico utilizzo. O anche assegnando provvidenze specifiche come già oggi avviene per gli anziani accuditi in famiglia.
Per consentire a tutti così quella qualità della vita che non è solo benessere materiale ma soprattutto “ benestare personale”.

Ambiente e fanatismo

La catastrofe ambientale è, davvero, dietro la porta? Hanno ragione stampa e televisione nel dire che, quest’ultimo inverno così caldo ed anomalo, è un ulteriore indicatore di un processo senza ritorno? Esattamente come i ghiacciai che sono quasi spariti?
Forse per questo il WWF ha presentato una serie di dati assolutamente preoccupanti, che in termini di proposta finale, hanno portato ad immaginare una “….. riprogettazione dell’attività umana” per quanto riguarda agricoltura, industria e turismo così da favorire il rafforzamento della capacità dei sistemi naturali di resistere al cambiamento. Da cui un “….incremento dei bacini fluviali e delle vie di esondazione” prevedendo azioni di riconversione agricola cambiando coltivazioni, dal frumento al mais.
Argomenti che toccano le persone, le preoccupano ponendole, con una nuova attenzione, di fronte a questi temi. C’è quindi un bisogno di approfondire per comprendere le ragioni del governo inglese che immagina una recessione devastante a causa di un clima impazzito che uccide l’economia. Mentre discorsi opposti fanno gli americani che ratificano ma non praticano gli accordi di Kyoto ritenendo solo catastrofismo, le previsioni di sconvolgimento climatico.
Qual’è allora lo scenario possibile per gli abitanti di questa provincia che ha sperimentato le pesanti inondazioni a Motta di Livenza e le trombe d’aria di Montebelluna che hanno profondamente sconvolto il territorio minando la sicurezza dei cittadini?
Ha ragione il WWF che chiede di cambiare vita ed abitudini o possono bastare piccoli accorgimenti nella vita di tutti i giorni?
Così, se le domeniche a piedi non hanno alcun significato rispetto all’abbattimento degli inquinanti, possono sensibilizzare le persone verso un utilizzo responsabile dell’auto. Finché un provvedimento come il “ bollino blu “ non diventa elemento di confusione o, peggio, strumento di scontro politico. Come le inondazioni che allarmano e spaventano senza trovare sufficienti riscontri all’interno dei Piani Regolatori che, non sempre, si preoccupano della salvaguardia dei fiumi e del loro alveo.
Fiumi in secca e morie di pesci colpiscono, come schiaffi, l’opinioni pubblica preoccupata dalla possibile, futura, mancanza d’acqua. Ma nulla si fa per bloccare lo scempio delle fontane a getto continuo che rallegrano, con il gorgoglio dell’acqua spesso usata solo per tenere in fresca il cocomero d’estate.
L’ambiente non ha bisogno di fanatismo ma neppure d’inerzia che non informa e quindi si fa complice di comportamenti scorretti.
La responsabilità ambientale non ha un unico padre, quindi non può essere posta in capo alle sole attività produttive. E non può bastare il solo richiamo alla morigeratezza ed il ritorno ad un passato col trasporto a cavalli che può salvare il pianeta.
Occorre andare oltre. Ricordandosi della capacità di adattamento della natura ed insieme il ruolo della tecnologia. L’uomo ha sempre fatto la propria parte: inquinando e consumando da un lato ma anche, innovando e recuperando, dall’altro. Quindi la partita ambientale va giocata con tanta sensibilità, ma anche con tutta la lucidità dell’uomo per accompagnare le trasformazioni guidando i fenomeni.
Motori a più basse emissioni, uso di nuove tecnologie ed anche delle bio-tecnologie, energie rinnovabili e nuovi materiali di consumo ( è proprio cancellato il nucleare? ) possono fare una grande differenza. Cambiando completamente lo scenario.
Quindi nessun fanatismo. Solo la voglia di guardare oltre la siepe senza paura del buio.